F.A.R.E. , ovvero acronimo di “Football Against Racism in Europe” è lo
slogan che l’U.E.F.A. ha adottato per abbattere il razzismo all’interno
degli impianti sportivi in tutta Europa. Ma al “Pallone del Fare” sembra
che sia proibito rimbalzare su campi di calcio italiani. Vediamo
perché.
Finché si tratta di stupidi
episodi che colpisco calciatori come Eto’o, Balotelli o Zuniga allora
scattano prima le denuncie e poi le ammende, ma quando i destinatari dei
cori razzisti sono i Napoletani, allora il “Pallone del F.ar.e.” si
affloscia inesorabilmente.
“Vesuvio, lavali col Fuoco”. Dallo
Stadio Olimpico di Roma è arrivata in tutte le case sintonizzate
sull’incontro Lazio-Napoli, più forte che mai, l’esortazione al vulcano.
E poi ancora gli incontri Inter – Napoli o Verona – Napoli come “Napoli
Fogna d’Italia, Hitler con gli Ebrei anche i Napoletani e Basta con i
Massacri in Bosnia facciamoli a Napoli”.
Il razzismo anti partenopeo approda
anche in Inghilterra, dove durante l’incontro di Europa League Liverpool
– Napoli i tifosi inglesi esibiscono lo striscione “Lavatevi con acqua e
Sapone”.
Dov’è la novità? Ormai siamo abituati.
Ed è proprio questo il problema. Ignorare il razzismo significa accettarlo.
Con
il “Vesuvio, lavali col Fuoco” di Lazio-Napoli, il Sig. Mauro Bergonzi
di Genova, direttore di gara, non ha ravvisato gli estremi per la
sospensione temporanea della gara. Stupisce e non poco che anche il
Capitano del Napoli Paolo Cannavaro, a cui spettava il compito di
richiederne la sospensione, abbia perso nuovamente l’opportunità per
avvalersi di sacrosanti diritti, nonostante le molteplici segnalazioni
ricevute.Gli epiteti contro i partenopei hanno tutti i connotati di una forma di razzismo da stadio legalizzata.Eppure
le nuove norme della Federcalcio che regolano le “Responsabilità per
Comportamenti Discriminatori” parlano chiaro: “Le società sono
responsabili per l’introduzione o l’esibizione negli impianti sportivi
da parte dei propri sostenitori di disegni, scritte, simboli, emblemi o
simili, recanti espressioni di discriminazione. Esse sono altresì
responsabili per cori, grida e ogni altra manifestazione espressiva di
discriminazione che comporti offesa, denigrazione, incitamento all’odio o
insulto per motivi di razza, colore, religione, lingua, sesso,
nazionalità, origine territoriale o etnica, ovvero configuri propaganda
ideologica vietata dalla legge o comunque inneggiante a comportamenti
discriminatori. In caso di manifestazioni e cori razzisti, l’arbitro ha
la facoltà di sospendere temporaneamente la partita in corso e, nel caso
di atteggiamento razzista prolungato, anche la discrezione di fischiare
la conclusione anticipata della gara”. Quindi l’invocazione al Vesuvio
si configura chiaramente come una discriminazione razziale e un
incitamento all’odio. Ricordiamolo, ignorare il razzismo significa
accettarlo e Paolo Cannavaro prenda esempio da Marco Andrè Zoro del
Messina, primo ed unico calciatore che ha osato ribellarsi a cori
razzisti in Italia, dando una lezione di civiltà alla nostra italietta.
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